Cosa sono e come funzionano le comunità energetiche rinnovabili?

I clienti finali consumatori di energia elettrica, inclusi quelli clienti domestici, possono organizzarsi nelle cosiddette Comunità Energetiche Rinnovabili” (CER), purché rispettino dei precisi requisiti. Inoltre la comunità energetica rinnovabile può produrre altre forme di energia da rinnovabili finalizzate all’utilizzo da parte dei membri, può promuovere interventi integrati  di domotica e di efficientamento, così come “offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio”.

Una comunità energetica è una associazione di utenti che condividono tutta l’energia da loro prodotta, da fonte rinnovabile, al fine di coprire il loro fabbisogno energetico simultaneo indipendentemente dalla connessione fisica agli impianti di produzione. La partecipazione a tali comunità è aperta a tutti, compresi coloro che non sono in possesso di un impianto di produzione, purché i punti di connessione siano ubicati su reti elettriche sottese alla stessa cabina di trasformazione da Media a Bassa Tensione.

Le comunità energetiche rinnovabili sono soggetti di diritto autonomo e sono aperte a tutti. Possono essere composte da persone fisiche, PMI (con meno di 250 addetti, fatturato fino a 50 M€ e/o stato patrimoniale fino a 43 M€), enti pubblici, enti territoriali e autorità locali, incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali. Per quanto riguarda le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale.

In questo modo i consumatori passivi (consumer) si trasformano in consumatori attivi e produttori (prosumer), in quanto sono dotati di un proprio impianto per la generazione di energia elettrica per l’autoconsumo, cedendo la parte di energia in eccesso agli altri soggetti collegati alla smart grid. Quest’ultima è un’infrastruttura intelligente – una sorta di “Internet dell’energia” – che collega tutti i soggetti della comunità energetica, la quale potrebbe comprendere anche sistemi evoluti di accumulo per la conservazione dell’energia elettrica non immediatamente utilizzata.

Infatti, la rete elettrica sta subendo una metamorfosi che tutti hanno sperimentato in altri ambiti della quotidianità: la digitalizzazione, che permette una connessione a nodi, peer to peer. Si è passati quindi da una rete fisica centralizzata, con delle trasmissioni “da uno a molti” (il gestore elettrico che fornisce energia alle case), a una rete digitale decentralizzata, con collegamenti “da uno a uno” e “da molti a molti”. Questa rete è intelligente nella misura in cui incorpora, oltre ai necessari sensori di misura, i complessi algoritmi dell’intelligenza artificiale permettendo la partecipazione attiva anche del singolo cittadino.

Le comunità energetiche rappresentano quindi un modello innovativo per la produzione, la distribuzione e il consumo di energia proveniente da fonti rinnovabili. I vantaggi di queste forme di produzione e consumo sono molteplici: (1) è possibile realizzare degli impianti più grandi che, quindi, costano unitariamente meno di quelli ad uso di una singola persona; (2) ciascuno, poi, può decidere liberamente in quale misura vuole partecipare alle spese; e (3) si utilizza meglio l’energia prodotta, perché associando i consumi di più soggetti è più facile che vi sia contemporaneità tra produzione e consumo.

Da un punto di visto pratico, il cittadino che fa parte della comunità energetica continuerà a pagare per intero la propria bolletta. Con una certa periodicità da stabilirsi nei regolamenti della comunità, tale cittadino riceverà dalla comunità pagamenti per la condivisione dei benefici garantiti alla comunità. I costi energetici del cittadino che aderirà alla comunità risulteranno dunque ridotti, perché alla spesa per la bolletta si affiancheranno anche i ricavi derivanti dalla condivisione dell’energia.

In pratica, una comunità energetica è un insieme costituito da almeno due autoconsumatori di energia elettrica e da almeno un impianto a fonti rinnovabili, ed i relativi utenti devono trovarsi in prossimità dell’impianto generatore o almeno essere collegati, come detto, sulla porzione di rete di bassa o media tensione sottesa dalla medesima cabina primaria di trasformazione Alta/Media tensione (AT/MT). L’obiettivo principale della comunità è fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o membri o alle aree in cui la comunità energetica opera, e non quello di realizzare profitti finanziari.

L’energia autoprodotta è utilizzata prioritariamente per l’autoconsumo istantaneo in sito o per la condivisione con i membri della comunità. In pratica, l’energia condivisa risulta essere pari al minimo, in ciascun periodo orario, tra l’energia elettrica prodotta e immessa in rete dagli impianti a fonti rinnovabili (ad es. fotovoltaici) e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali associati. L’energia eccedente può essere accumulata e venduta a terzi anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile, direttamente o mediante aggregazioni.

La condivisione, fra i membri della comunità, dell’energia prodotta avviene utilizzando la rete di distribuzione esistente – ricorrendo anche, eventualmente, a impianti di stoccaggio – nell’ambito della stessa zona di mercato, “ferma restando la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi”. Oltre ai nuovi impianti rinnovabili realizzati dopo la data di entrata in vigore del decreto RED II (cioè, in pratica, dalla fine del 2021), la comunità può aprire le porte a impianti entrati in esercizio precedentemente, ma non devono godere di altri incentivi e “per una misura comunque non superiore al 30% della potenza complessiva che fa capo alla comunità”.

La legge specifica che i partecipanti che scelgono di associarsi a una comunità energetica rinnovabile mantengono il proprio status di consumatori finali (con diritti – come scegliere il proprio fornitore di energia – e doveri – pagamento degli oneri di rete e di sistema per l’energia prelevata dalla rete pubblica, compresa quella condivisa) e possono recedere dal contratto che li lega in base a quanto previsto dagli atti (versando eventualmente dei corrispettivi proporzionati per gli investimenti). La Delibera di ARERA n.318/2020 ha definito che i partecipanti alle CER si vedranno restituite alcune componenti relative ad oneri di rete e a perdite di rete evitate in una logica cost reflective di utilizzo della rete.

Fermo restando che ciascun consumatore che partecipa a una comunità può detenere impianti a fonti rinnovabili, la RED II precisa che, ai fini dell’energia condivisa, è rilevante solo la produzione di energia rinnovabile degli impianti che risultano nella disponibilità e sotto il controllo della comunità. Quest’ultimi possono essere condivisi, come nel caso di una centrale fotovoltaica o eolica a disposizione della collettività, oppure individuali, come per esempio un sistema fotovoltaico installato sul tetto di una casa, di un’azienda, di una sede di un’amministrazione pubblica o di un condominio.

Il concetto di detenzione dell’impianto è ben spiegato nell’Allegato A della delibera ARERA 318/2020/R/EEL, dove si precisa che “la comunità energetica dovrà avere la proprietà ovvero la piena disponibilità dell’impianto, sulla base di un titolo giuridico anche diverso dalla proprietà (quali, a titolo d’esempio, usufrutto, ovvero titoli contrattuali o altri titoli quali il comodato d’uso), a condizione che la mera detenzione o disponibilità dell’impianto sulla base di un titolo diverso dalla proprietà non sia di ostacolo al raggiungimento degli obiettivi della comunità”.

Per impianto di produzione di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili si intende, nel contesto delle comunità energetiche rinnovabili, “un impianto di produzione di energia elettrica che utilizza per tale produzione esclusivamente l’energia eolica, solare, aerotermica, geotermica, idrotermica e oceanica, idraulica, delle biomasse, dei gas di discarica, dei gas residuati dai processi di depurazione e del biogas”. Gli impianti ammessi in una comunità energetica devono essere, in sintesi:

  • a fonti rinnovabili (dunque non solo fotovoltaico);
  • nuovi oppure potenziati dopo il 1° marzo 2020;
  • con potenza massima del singolo impianto pari a 200 kW;
  • connessi in bassa tensione con allaccio alla stessa cabina primaria AT/MT.

Quindi, anche se la potenza massima è di 200 kW, difficilmente gli impianti potranno superare i 100 kW, che è di norma la potenza massima in bassa tensione. Si noti che, sebbene l’impianto condiviso non debba avere una potenza superiore ai 200 kW, tutta l’energia prodotta può eventualmente essere immagazzinata in opportuni impianti di accumulo. Ogni impianto coinvolto nella comunità deve essere di costruzione successiva al 1° marzo 2020 o potenziamento di impianti pre-esistenti, nel qual caso viene presa in considerazione nella configurazione la sola sezione di impianto aggiunta.

Le smart community così create porterebbero vantaggio non solo ai membri coinvolti, ma anche al sistema distributivo elettrico, per il contributo all’innovazione dell’infrastruttura riduzione dei costi di gestione che potrebbe essere compresa tra il 10 e il 30% annui rispetto alle spese sostenute oggi. L’infrastruttura è costituita da una rete che collega tutti i soggetti della comunità energetica, monitorata e controllata da tecnologie digitali all’avanguardia per ottimizzare ogni fase di produzione, consumo e scambio dell’energia attraverso soluzioni hardware e software innovative.

Si tratta, ad esempio, di sensori per il monitoraggio dei consumi elettrici, tecnologie cloud che funzionano come aggregatore delle comunità energetiche per favorire gli scambi tra associazioni vicine, oltre a sistemi blockchain per controllare ogni passaggio e garantire trasparenza, sicurezza e affidabilità. Ogni partecipante della comunità energetica deve inoltre installare un energy box, un dispositivo che consente di collegare l’edificio e l’impianto alla rete locale, per assicurare la condivisione in tempo reale delle informazioni su produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dell’energia.

Quello delle comunità energetiche è un processo in grado di innescare un circolo virtuoso di vantaggi e benefici ambientali, sociali ed economici, ma soprattutto serve a ridurre gli impatti e affrontare i rischi del cambiamento climatico e a favorire concretamente la transizione energetica del nostro Paese. Si stima che, entro il 2050, circa 264 milioni di cittadini dell’Unione europea si uniranno al mercato dell’energia come prosumer, generando fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva del sistema.

Una ricerca del World Nuclear Industry Status Report ha dimostrato quanto convenga, in particolare, produrre con il fotovoltaico rispetto ad altre fonti di energia. Secondo questo report, già prima del caro-energia per ogni kWh prodotto si spendevano 16,3 dollari con il nucleare, 11,2 dollari con il carbone, 5,9 con il gas e 4 con l’eolico. Per produrre lo stesso chilowattora con il fotovoltaico, invece, erano sufficienti appena 3,7 dollari. Ciò fa capire facilmente perché convenga investire nelle fonti rinnovabili, tanto più in un Paese come il nostro, che può godere di un eccellente irraggiamento solare.