Il quadro normativo per le comunità energetiche rinnovabili ed i suoi limiti

La comunità scientifica ha iniziato a interessarsi alle comunità energetiche a partire dagli anni 2007/2008, suscitando un interesse via via crescente negli anni successivi. Il concetto di comunità energetica (rinnovabile) trova oggi una definizione normativa all’interno della Direttiva europea sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2018, nota come “Direttiva RED II” (RED sta per Renewable Energy Directive).

Con tale Direttiva, la Commissione Europea ha dato il via all’autoconsumo collettivo e alle comunità energetiche per agevolare lo sviluppo di un sistema energetico distribuito, massimizzando in particolare lo sfruttamento dell’energia prodotta da pannelli solari fotovoltaici. L’articolo 22 della Direttiva, infatti, intende promuovere le comunità di energia rinnovabile, che definisce come il soggetto giuridico. L’obiettivo è di aumentare l’efficienza nella produzione e consumo di energia delle famiglie e contribuire a combattere la povertà energetica mediante la riduzione delle tariffe di fornitura non solo per le persone che vivono in abitazioni unifamiliari, ma anche per chi alloggia in condominio.

La Comunità energetica può considerarsi il primo tassello, l’infrastruttura su cui costruire la cosiddetta smart community, un concetto più ampio che coniuga aspetti non solo energetici, ma anche tecnologici e sociali, finalizzati al miglioramento di tutti i servizi al cittadino, quali anche la mobilità. Maggiore sarà la complessità delle configurazioni che le comunità energetiche potranno assumere, tanto più grandi e diversificate saranno le competenze in campo energetico che dovranno possedere i soci o membri. Per questo motivo la Direttiva RED II evidenzia come sia necessaria una collaborazione tra i cittadini e i soggetti che già oggi operano in campo energetico: ESCO, distributori locali, etc.

Nel 2019, il governo italiano ha deciso di anticipare di un anno l’applicazione, nel nostro Paese, della disciplina europea relativa alle comunità energetiche rinnovabili rispetto al recepimento della Direttiva (UE) 2018/2001, inserendo uno specifico articolato già all’interno del Decreto legge 162/19 (il cosiddetto decreto “Milleproroghe”). L’articolo 42 bis di tale decreto, infatti, prevede per i consumatori di energia elettrica la possibilità di associarsi per divenire autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, ovvero costituire delle comunità energetiche rinnovabili.

Il regime introdotto attraverso l’art. 42/bis del già citato Decreto Legge 162/2019 (successivamente recepito dalla legge di conversione n. 8/2020 di fine febbraio 2020), pur con un carattere di transitorietà, aveva l’obiettivo di sperimentare nel nostro Paese le ricadute ed i potenziali elementi critici relativi all’introduzione delle due figure nel sistema elettrico italiano. Grazie a questa legge, infatti, i cittadini potevano diventare collettivamente prosumer, cioè insieme produttori e consumatori. Austria e Francia avevano introdotto delle norme specifiche già da qualche anno, mentre altri Paesi, come la Spagna e il Portogallo, sono intervenuti solo recentemente (tra fine 2019 e 2020).

Veniva, in pratica, lanciato un nuovo modello di produzione e consumo di energia rinnovabile destinato a rivoluzionare le nostre vite: famiglie, piccole e medie imprese, enti locali si possono unire per condividere l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, potendola così autoprodurre, autoconsumare, immagazzinare oppure vendere. Gli incentivi (tariffe premio e corrispettivi unitari) per le configurazioni di autoconsumo collettivo e per le comunità energetiche rinnovabili sono stati fissati in seguito, rispettivamente dal Decreto del Mise firmato il 15 settembre 2020 e da una delibera di Arera.

Infine, il 15 dicembre 2021, con l’entrata in vigore in Italia del Decreto Legislativo 8/11/2021 n. 199 “Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili”, meglio noto come “Decreto RED II” – cioè del Decreto legislativo di recepimento della direttiva dell’Unione Europea RED II – si è passati a una nuova fase, in cui le regole “di ingaggio” iniziali per i gruppi di autoconsumatori e per le comunità energetiche (che hanno consentito una prima sperimentazione su larga scala) hanno assunto una forma più organica, e vi sono alcune importanti novità che meritano di essere sottolineate.

il Decreto Red II prevede, in particolare, che “per impianti di potenza pari o inferiore a 1 MW (in precedenza, la soglia era di 200 kW) facenti parte di comunità dell’energia o di configurazioni di autoconsumo collettivo, è possibile accedere a un incentivo diretto che premia, attraverso una specifica tariffa graduabile anche sulla base della potenza degli impianti, l’energia autoconsumata istantaneamente”; inoltre, il decreto prevede la rimozione del limite della cabina secondaria (cioè MT/BT), il che permette la costituzione di comunità energetiche rinnovabili con membri connessi alla cabina primaria (AT/MT).