L’Italia è fra i Paesi dell’Unione Europea che pagano di più l’energia

Dalle iniziative legislative prese in questi anni e dalla propaganda del Governo, potrebbe sembrare che tutto vada bene e che gli italiani possano dormire sonni tranquilli. Se ci pensate, è quel che accade anche con il Covid: abbiamo il vaccino e il Green Pass, per cui l’Italia, ci dicono, “è un modello da seguire”. Peccato, però, che nel caso del Covid non siamo affatto un’isola felice ma, come mostrato dal prof. Luca Ricolfi in una sua analisi, siamo a metà classifica fra i Paesi europei in quanto a morti per abitante; mentre, in campo energetico, già da molti anni siamo ai primissimi posti fra i Paesi UE che pagano l’energia (luce e gas) più cara, con ovvie conseguenze sia per le famiglie sia per l’industria e le piccole e medie imprese (PMI).

Infatti, come si vede dai grafici seguenti forniti da Eurostat, il nostro Paese è al primo posto fra i paesi dell’Unione Europea con il prezzo a kWh dell’elettricità più alto per i clienti non domestici (i prezzi – comprensivi di imposte e oneri vari – sono relativi alla prima metà del 2019, dunque al periodo pre-pandemia); mentre risulta essere al 6° posto per quanto riguarda il prezzo pagato dai clienti domestici, grazie alla presenza del Mercato a Maggior Tutela con le tariffe ultra-calmierate stabilite dall’Authority (ma anche questi clienti dovranno passare al mercato libero dal 1° gennaio del 2023, e allora verosimilmente, come vedremo più avanti, verranno raggiunte le primissime posizioni anche in questa classifica).

I Paesi UE che pagano di più l’elettricità – Clienti non domestici, come ad es. le industrie. (fonte: Eurostat)

I Paesi UE che pagano di più l’elettricità – Clienti domestici, cioè le famiglie. (fonte: Eurostat)

Per quanto riguarda, invece, il prezzo del gas naturale (sempre relativo al primo semestre 2019 e comprensivo di imposte e oneri vari), l’Italia è all’11° posto per il prezzo pagato dai clienti non domestici (in pratica, le industrie, le piccole e medie imprese, le attività commerciali, le partite Iva) ed al 4° posto per quanto riguarda il prezzo pagato dai clienti domestici (le famiglie). Insomma, siamo riusciti a far molto peggio rispetto a quanto fatto contro il Covid, se si considera che l’obiettivo principale della politica energetica di un Paese dovrebbe essere quello di far pagar meno l’energia alle famiglie e alle imprese, per ridurre la “mortalità” di queste ultime o comunque garantire una miglior “salute” sia alle attività che alle famiglie. Ma quali sono le ragioni di questi prezzi così esorbitanti?

I Paesi UE che pagano di più il gas naturale – Clienti domestici, cioè le famiglie. (fonte: Eurostat)

Va premesso che, come ben illustra l’istogramma mostrato di seguito, la distanza del prezzo dell’energia elettrica in Italia dal prezzo europeo (media EU28) per le piccole, medie e grande imprese è andata progressivamente riducendosi a partire dal secondo semestre del 2012. Il gap di prezzo fra l’Italia e altri Paesi dell’UE è in parte diminuito, negli ultimi anni, perché nel 2016 problemi di sicurezza hanno costretto a chiudere, per controlli, diversi reattori nucleari francesi, per cui la Francia ha smesso di esportare in mezz’Europa la corrente a basso costo e ha dovuto importare da mezz’Europa corrente ad alto costo. Gli effetti sui prezzi europei del kWh si sono subito fatti sentire con forti rincari.

Differenze di prezzo dell’elettricità fra l’Italia e l’UE. Il 2012 corrisponde al differenziale più alto dei prezzi dell’energia elettrica pagati dalle imprese italiane nel periodo considerato (2010-2017). (fonte: ENEA)

Le ragioni strutturali per cui l’Italia paga una bolletta energetica salatissima sono numerose, ma le più note sono due: la scarsa diversificazione degli approvvigionamenti (per fonti e Paesi) e il peso delle imposte e, soprattutto, degli “oneri” in bolletta. Infatti, nel caso della generazione elettrica non possiamo contare sul nucleare e, se non in minima parte, sul gas nostrano, mentre per le importazioni siamo costretti – evidentemente – a fornirci dai paesi confinanti. Nel caso del gas, grazie alla presenza di più gasdotti e dei rigassificatori (che accolgono gas proveniente anche da Paesi non confinanti) possiamo avere una maggiore scelta e spuntare quindi prezzi all’ingrosso più bassi, donde il miglior posizionamento in graduatoria.

Come si può vedere dai grafici sottostanti, l’Italia è: al 2° posto nell’UE per la quota delle imposte e degli oneri non recuperabili sul prezzo totale dell’energia elettrica per i consumatori non domestici; al 6° posto per quanto riguarda, invece, quelli domestici. Mentre, per quanto riguarda la quota delle imposte e degli oneri non recuperabili dai consumatori non domestici sul prezzo totale del gas naturale, il nostro Paese si pone a metà classifica; ma è al 4° posto, invece, per i consumatori domestici. Le posizioni italiane nella classifica UE per quanto riguarda il peso di imposte e oneri risultano, quindi, simili a quelle del prezzo totale, il che indica come la ragione principale della cattiva posizione sia proprio il peso di imposte ed oneri.

Percentuale di imposte e oneri nelle bollette elettriche dei Paesi UE – Clienti non domestici. (fonte: Eurostat)

Percentuale di imposte e oneri nelle bollette elettriche dei Paesi UE – Clienti domestici. (fonte: Eurostat)

 

Percentuale di imposte e oneri nelle bollette del gas dei Paesi UE – Clienti domestici. (fonte: Eurostat)

Riassumendo, industrie e PMI italiane pagano carissima l’elettricità, mentre le famiglie italiane pagano già ora molto cara sia luce che gas: infatti, industrie e PMI pagano per l’elettricità dei prezzi che sono da anni ben al di sopra la media dell’Unione Europea (UE), nonostante le nostre oltre 500 aziende di vendita dell’energia sul mercato libero. Viceversa, le famiglie con consumi medio-bassi pagano (per ora) un po’ meno della media dell’UE. Inoltre, in Italia si è generato un gap rilevante tra i prezzi pagati dai consumatori finali nei mercati al dettaglio ed i corsi delle relative materie prime sui mercati all’ingrosso.

Oggi abbiamo tutti gli elementi per poter capire quali sono le cause dell’aumento della bolletta energetica degli italiani e per poter fare delle valutazioni qualitative e (volendo) quantitative. In pratica, le cause possono essere riassunte – essenzialmente – nelle seguenti:

  1. mix squilibrato delle fonti disponibili (largamente pesato sul gas naturale), aggravato dal riscaldamento globale (minore disponibilità di generazione idroelettrica);
  2. dipendenza dall’estero per materie prime (gas, petrolio) e, in misura minore, energia elettrica, in conseguenza dei referendum sulle trivelle (2016) e sul nucleare (1987);
  3. peso elevato delle imposte (sul valore aggiunto, o IVA) e delle accise (imposta erariale di consumo), e molte attività non sanno di aver diritto ad accise del gas ridotte;
  4. peso assai elevato degli oneri di sistema (dismissione centrali nucleari; incentivi a rinnovabili e “assimilate”; oneri per il bonus elettrico; promozione efficienza energetica, etc.);
  5. passaggio al mercato libero, per di più reso (senza alcuna ragione valida) obbligatorio, cosa che ha fatto (e farà ancora) aumentare le bollette di famiglie e piccole attività / PMI;
  6. riforma delle tariffe elettriche per gli utenti domestici, che ha colpito pesantemente le famiglie che consumavano meno (che in genere sono le più povere), sfavorendo le rinnovabili;
  7. crescente morosità dovuta ai costi sempre più insostenibili, ma che è pagata in bolletta dagli altri utenti, innescando un pericoloso circolo vizioso che impatta su clienti e fornitori;
  8. il meccanismo di formazione del prezzo sulla Borsa elettrica, che usa la fonte di generazione più cara per determinare il prezzo da applicare a tutti gli altri impianti, rinnovabili comprese;
  9. costi di produzione delle centrali elettriche che devono marciare anche se inefficienti, vecchie e più inquinanti per garantire la sicurezza del sistema in determinate aree del Paese;
  10. elettrodotti inefficienti, con i “no” dei comitati Nimby contro la posa di nuove infrastrutture ed i ricorsi ai TAR che rallentano l’installazione di nuove linee.

Si noti che tutte queste cause si possono senz’altro definire strutturali, non congiunturali. Dunque, se si eccettua la variazione stagionale nel corso dei 12 mesi dell’anno e alcune specifiche situazioni contingenti legate alla ripartenza post-pandemia, il trend a lungo termine dei prezzi dell’energia è chiaro e il destino delle nostre bollette future segnato, se non si procede a una revisione globale della politica energetica, dal Piano energetico nazionale alla tariffazione di luce e gas, che con il peso esagerato degli oneri di sistema (per cui la componente energia pesa meno del 50% in bolletta) non incentiva di certo l’adozione di fonti rinnovabili e dunque la tanto sbandierata “transizione energetica”.