Conosco anche persone intelligenti, con un background tecnico, che dinanzi alla scelta del fornitore luce o gas pensano di fare buone scelte, ma in realtà vengono “fregati” dai fornitori, che di marketing e di comunicazione ingannevole sono maestri. D’altronde, con la fine del mercato a maggior tutela, il fare scelte oculate ed abituarsi a fare “turismo energetico”, passando senza farsi troppi problemi da un fornitore all’altro (non ci sono infatti penali), è decisamente fondamentale, perché “errare è umano, ma perseverare è diabolico”. Ecco quindi una guida per orientarsi nella giungla di prezzi e fornitori luce.
Come confrontare le offerte a prezzo fisso
Confrontare le varie offerte luce o gas presenti sul mercato non è difficile, tuttavia non è neppure così semplice come molti pensano. Infatti, se avete letto con attenzione i capitoli sul “Capire le bollette…”, avrete scoperto che, in realtà, occorre confrontare due differenti costi: quello della materia prima (elettricità o gas) ed un costo fisso mensile.
Pertanto, la convenienza di un fornitore rispetto a un altro deve tenere conto, in modo opportuno, di entrambi questi costi. Faccio un esempio concreto tratto dalla realtà. Supponiamo che un primo fornitore (A), vi offra l’energia elettrica, in un contratto a prezzo fisso, a 0,07 €/kWh (tariffa monoraria), cioè a 7 centesimi a kWh, e che abbia un costo fisso di 2,5 €/mese. Supponiamo, poi, che un secondo fornitore (B), vi proponga un contratto analogo, cioè a prezzo fisso con tariffa monoraria, ma con una tariffa monoraria di 0,06 €/kWh e un costo fisso di 9 €/mese. Quale dei due è il fornitore più conveniente nel nostro caso?
Intuitivamente, si è portati a pensare che sia quello che offre la tariffa più bassa, cioè B: 6 centesimi anziché i 7 del fornitore A. In realtà, ciò è vero solo se si è dei forti consumatori, per cui i costi fissi incidono poco. Dunque, quasi certamente non è vero per una seconda casa tipica, dove i consumi annui si limitano a un mese di consumi, o giù di lì. Ma, per capire come stanno esattamente le cose nel proprio caso, occorre fare un po’ di conti. Consideriamo qui il caso di una famiglia italiana tipica (consumo annuo di 2700 kWh) e quello di una seconda casa (250 kWh annui).
Nel caso della famiglia tipica, la spesa annua con il fornitore A sarà di 0,07 €/kWh x 2700 kWh = 189 euro + un costo fisso di 2,5 €/mese x 12 mesi = 30 €, per un totale di 219 € annui, di cui l’86,3% composto dal costo dell’elettricità e il 13,7% da quello fisso. Quest’ultimo, dunque, incide poco ma non pochissimo. Con il fornitore B, la spesa annua sarà di 0,06 €/kWh x 2700 kWh = 162 euro + un costo fisso di 9 €/mese x 12 mesi = 108 €, per un totale di 270 € annui, di cui il 60% composto dal costo dell’elettricità e il 40% da quello fisso. Come si vede, dunque, il fornitore B, che sembrava più economico, è in realtà più caro di circa il 23% rispetto a quello A!
Nel caso della seconda casa, con il fornitore B la situazione è ancora peggiore, come possiamo anche intuitivamente aspettarci, ma solo il calcolo permette di dire quanto è peggiore rispetto al caso appena illustrato.
Ipotizzando che il consumo annuo sia solo quello di un mese di permanenza nella casa, cioè pari a circa 250 kWh, la spesa annua con il fornitore A sarà di 0,07 €/kWh x 250 kWh = 17,5 euro + un costo fisso di 2,5 €/mese x 12 mesi = 30 €, per un totale di 47,5 € annui, di cui il 36,8% composto dal costo dell’elettricità e il 63,2% da quello fisso. Con il fornitore B, la spesa annua sarà di 0,06 €/kWh x 250 kWh = 15 euro + un costo fisso di 9 €/mese x 12 mesi = 108 €, per un totale di 123 € annui, di cui il 12,2% composto dal costo dell’elettricità e l’87,8% da quello fisso. Come si vede, dunque, nel caso della abitazione non di residenza il fornitore B è in realtà più caro di circa il 159% rispetto a quello A!
Dunque, vi sarete convinti del fatto che per confrontare le offerte, anche quando sono esattamente dello stesso tipo (in questo caso, a prezzo fisso e tariffa monoraria, che è pure il caso più semplice possibile), non basta confrontare la sola componente energia e non basta guardare i numeri “a occhio”: occorre fare con calma un po’ di conti. Quindi, la valutazione di un’offerta non può essere fatta in pochi minuti davanti a un venditore che vi riempie di parole nascondendovi la verità, cioè che pagherete di più!
Ovviamente, nel caso in cui le due o più offerte da confrontare siano a prezzo fisso ma non monorarie bensì biorarie occorrerà fare dei conti abbastanza similari, tenendo conto però dei diversi prezzi per le differenti fasce orarie e ricavando dalle proprie bollette attuali la percentuale di consumi in ciascuna fascia. Se ad esempio, tipicamente, il 35% dei propri consumi è in fascia F1 e il 65% nelle fasce F2+F3, e le tariffe del fornitore sono 0,078 €/kWh in fascia F1 e 0,0680 nelle fasce F2 ed F3, allora la spesa annua sarà calcolabile come prima, usando però un prezzo medio a kWh “pesato” dato da: (0,078 x 35 + 0,068 x 65) / 100 = 0,072 €/kWh.
Come confrontare le offerte a prezzo variabile
Nel caso delle offerte di energia elettrica a prezzo variabile, il confronto fra due o più fornitori si può fare se esse hanno lo stesso tipo di indicizzazione. Per fortuna, tipicamente queste offerte sono ancorate al PUN – il prezzo medio mensile dell’elettricità sulla Borsa elettrica – essendo il prezzo della materia prima pari al PUN più uno spread.
Si tratta quindi di sapere quanto è questo spread, cosa non sempre facile perché soprattutto i grandi fornitori spesso sono tutt’altro che chiari a riguardo, tanto più sui loro siti web, che dovrebbero al contrario essere la più completa fonte di informazione del pubblico. Dato che il PUN è, appunto, un prezzo medio, non deve stupire che i migliori fornitori luce (nel senso di più convenienti) applichino alla clientela domestica uno spread pari a 0! In pratica, essi offrono prezzi vicinissimi a quelli del mercato a maggior tutela (finché esisterà), pur essendo fornitori del mercato libero.
Indipendentemente dal valore dello spread applicato, in questo tipo di offerte il prezzo variabile è dato dal PUN mensile per fasce orarie (F1, F2 e F3) + una maggiorazione data dallo spread. A ciò vanno aggiunti, al solito, i costi fissi mensili, che comprendono, nel caso dell’energia elettrica, il Prezzo di Commercializzazione e Vendita (PCV) stabilito dall’Authority (Arera) e che ammonta attualmente (aprile 2019) a 5,45 €/mese: si tratta, in pratica, di una componente tariffaria che copre le spese di gestione commerciale dei clienti. A tale prezzo si possono sommare altri costi fissi, questa volta stabiliti dal fornitore, magari con una certa “fantasia” (ad es. “energia con garanzia d’origine green”, con riferimento alle fonti rinnovabili).
Dunque, in pratica un primo fornitore luce (A) potrebbe offrire, ad esempio, uno spread pari (a 10 €/MWh, ovvero equivalente a) 0,01 €/kWh e un costo fisso mensile pari a 12 €/mese, mentre un secondo fornitore (B) potrebbe offrire uno spread pari a 0,02 €/kWh e un costo fisso mensile pari a 6 €/mese. Quale dei due fornitori è più conveniente nel proprio caso, A o B? Come nel caso delle offerte a prezzo fisso, per scoprirlo si tratterà di fare alcuni semplici conti, che noi faremo, al solito, nel caso di una famiglia italiana media (cioè con un consumo annuo di 2700 kWh).
Andiamo innanzitutto a vedere, sul sito web del Gestore del Mercato Elettrico (GME), www.mercatoelettrico.org, il prezzo mensile del PUN nelle tre fasce, e supponiamo ad es. che sia PUNF1 = 0,05920 €/kWh, PUNF2 = 0,05914 €/kWh e PUNF3 = 0,04670 €/kWh. Si noti che il fornitore potrebbe fornirvi, anziché lo spread praticato, il prezzo totale, cioè “PUN + spread”, che per quello stesso mese potrebbe essere, ad esempio: F1 = 0,06920 €/kWh, F2 = 0,06914 €/kWh e F3 = 0,05670 €/kWh. Sapendo il mese a cui quel prezzo totale si riferisce, e scoprendo dal sito del GME il prezzo del PUN per le tre fasce, non sarebbe difficile scoprire che lo spread applicato è pari, in questo caso, a: 0,06920 – 0,05920 = 0,01 €/kWh.
A questo punto dobbiamo determinare un prezzo medio “pesato” che tenga conto dei propri consumi nelle tre fasce F1, F2 e F3, ricavando prima dalle proprie bollette attuali la percentuale di consumi in ciascuna fascia. Se ad esempio, tipicamente, il 20% dei propri consumi è in fascia F1, il 38% in F2 e il 42% in F3, allora la spesa annua con il fornitore A sarà calcolabile usando un prezzo medio a kWh “pesato” dato da: (0,06920 x 20 + 0,06914 x 38 + 0,05670 x 42) / 100 = 0,0640 €/kWh. Per una famiglia italiana media, la spesa annua con il fornitore A sarà quindi di 0,064 €/kWh x 2700 kWh = 172,6 euro + un costo fisso di 12 €/mese x 12 mesi = 144 €, per un totale di 316,6 € annui (di cui ben il 45,5% costituito da costi fissi).
Con il fornitore B, invece, le tariffe applicate per lo stesso mese nelle tre fasce orarie saranno, evidentemente, pari a F1 = 0,07920 €/kWh, F2 = 0,07914 €/kWh e F3 = 0,06670 €/kWh. Pertanto, il prezzo medio a kWh “pesato” sarà dato da: (0,07920 x 20 + 0,07914 x 38 + 0,06670 x 42) / 100 = 0,0740 €/kWh. Per una famiglia italiana media, la spesa annua con il fornitore B sarà quindi di 0,0740 €/kWh x 2700 kWh = 200,3 euro + un costo fisso di 6 €/mese x 12 mesi = 72 €, per un totale di 272,3 € annui (di cui solo il 26,5% costituito da costi fissi). Dunque, il fornitore B risulta “a sorpresa” di circa il 14% più economico rispetto al fornitore A, nonostante lo spread applicato fosse doppio rispetto a quello applicato dal fornitore A!